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mercoledì 20 febbraio 2008

Catania: la Napoli del sud (pubblicato su "L'Isola possibile" 2/08)


È sempre stata evocata come la “Milano del sud”, come l’anima commerciale della Sicilia. Ma fra poco potrebbe essere ribattezzata per un primato negativo, quello dell’emergenza ambientale. Come in Campania, dove in questi giorni il governo nazionale è stato costretto ad intervenire con misure drastiche senza privarsi di critiche e sanzioni da parte della Comunità Europea. In poco tempo Catania e provincia potrebbero diventare il secondo caso italiano di discarica urbana a cielo aperto.
Ma in questo caso la motivazione all’origine è diversa. Qualche giorno fa la società Sicula Trasporti srl, che gestisce le discariche di rifiuti solidi urbani per conto del comune etneo, ha comunicato tramite telegramma di dover sospendere il servizio di raccolta e smaltimento per l’enorme credito accumulato con l’amministrazione comunale mal governata da Scapagnini. Il credito equivale a 13 milioni di euro e la società è a rischio fallimento, come tutte le altre direttamente collegate al comune di Catania, che oggi sta liquidando le fatture ordinarie del 2005.
La nave comandata dal napoletano verace, dal miracoloso medico di Berlusconi sta colando a picco e con lei aziende partecipate e non, cooperative di ogni tipo, manutenzioni ordinaria di strade, giardini pubblici, luci ed ogni altro ramo della cosa pubblica. L’assessore al bilancio Gaetano Tafuri “rassicura” i concittadini dichiarando che il disavanzo è solo di 350 milioni di euro. L’opposizione, tra un Licandro e un D’Agata, arriva a stimare quasi un miliardo di euro. Ma visto che la situazione è grave almeno dal 2003, viene da chiedersi com’è che sia esplosa solo nell’ultimo anno.
Le bombe ad orologeria purtroppo sono molte. La Sicula Trasporti è solo quella più pericolosa ed imbarazzante. Ma possiamo nominare anche il caso del contratto di assicurazione per la responsabilità civile, che la giunta di destra ha deciso di annullare nel 2004. Con tale operazione il Comune ha risparmiato nell’immediato il canone con l’agenzia assicurativa, ma ha innescato un processo di decuplicazione delle spese nel lungo termine. Tutte le controversie derivanti da incidenti in ambito urbano, tra spese legali per i processi e liquidazioni triplicate iniziano ad incidere sui conti già molto compromessi del nostro municipio.
In questo mare di spreco c’è anche la Catania Multiservizi. Il consigliere del Pd Giuseppe Berretta spiega il perverso meccanismo di comunicazione tra Comune e aziende partecipate. “La gestione in house di manutenzione e di altri servizi essenziali per il cittadino – dice il consigliere – si è rivelata deficitaria a tutti i livelli. La Multiservizi, ad esempio, da quando il sindaco ha piazzato i suoi uomini, gestisce la maggior parte delle commesse per il comune senza bandi, decidendone il costo, che spesso è fuori mercato”. È inutile dire che i controlli su questo genere di spese sono scarsi.
Un altro enigma è la gestione deficitaria dell’AMT, l’azienda del trasporto pubblico. Un carrozzone, stile Regione Siciliana, con circa 1.000 dipendenti che produce ogni anno 35 milioni di euro di debiti per l’amministrazione, di cui 15 previsti e 20 di disavanzo. Un’azienda con il 30% dei mezzi fermi in officina, ma senza possibilità di riparazione visto il deficit raggiunto. La stessa azienda che da tre anni non paga i contributi Inps dei dipendenti, perché, a stento, riesce a coprire gli stipendi al netto delle ritenute.
C’è poi il capitolo dei debiti fuori bilancio. Un solo episodio è emblematico, quello di cui tutti narrano, dello spettacolo “Prix Italia”, fortemente voluto dall’amministrazione di centro-destra per il grande ritorno di immagine per la città. Ora, di quest’ultimo aspetto non vi sono dati certi, ma del debito di 1.000.000 di euro con la RAI non c’è pericolo di verificare le fonti. Forse l’unico ad avere un ritorno è stato il medico partenopeo che, vicine le elezioni per il rinnovo della carica di sindaco, come avrebbe detto il comico di Zelig Della Noce “ha voluto fare lo sborone”. Con i soldi dei cittadini catanesi, però.
Certo un grande campanello d’allarme l’hanno avvertito tutti i consiglieri sia di centro-destra che di centro-sinistra rispetto ad una situazione ormai irrecuperabile.
È stato quando Scapagnini a settembre scorso, quindi esattamente quattro mesi fa, ha deciso di non pagarsi più lo stipendio. “Per arrivare ad un gesto simile lui – conferma Berretta – vuol dire che la situazione è veramente grave”.
Qualcuno ha già fatto conti approssimativi su quale potrebbe essere il debito pro-capite dei catanesi, neonati compresi, quantificandolo in circa 2.500 euro a testa. Ma il problema non si riduce solo alla contingenza di maggiori tasse da pagare. La questione è più ampia, ed è chiara ormai per molti. La città è come paralizzata, come se una fitta nebbia l’avesse ricoperta e ne avesse arrestato la vitalità. L’economia interna è in fase di stallo, i lavori del PRG sono nuovamente fermi, le proposte culturali sono inesistenti, la vivibilità è ai minimi storici.
Di tutto questo “La Sicilia” tace. Il quotidiano di Ciancio glissa o tutt’al più propone articoli che avallano la classe dirigente al potere. Anche se di recente il giornale si è lanciato nell’avventura del giornalismo d’attacco e ha proposto un’importante e fondamentale inchiesta sulle buche stradali. Rassicurando comunque i cittadini, per il tramite dell’assessore alle manutenzioni Santamaria, su presunti fondi già stanziati per tappare le voragini. Ma che uno dei padroni della città mantenga un assordante silenzio non sconvolge ormai più neanche gli esperti di controinformazione del capoluogo etneo.
La cosa che più lascia sgomenti è che all’ombra del vulcano, nella terra dei Siculi, dove più è rimasta impressa l’orma greca, nessuno si ribelli. Qualcuno proferisce le solite frasi inutili come: “si mancianu tutti cosi”. Lo stesso qualcuno che, per non ammettere pubblicamente di aver votato Scapagnini ben 2 volte, utilizza un plurale generico. E forse aveva ragione Pirandello quando dei siciliani diceva che “quasi tutti, hanno un’istintiva paura della vita, per cui si chiudono in sé, appartati, contenti del poco, purchè dia loro sicurezza”.